Non è il volto del Cadamosto ma solo come io lo immagino... |
Oggi vorrei addentrarmi nelle
pieghe delle storia per parlarvi di un personaggio direi quasi “opposto”
all'ultimo di cui ho parlato. Se infatti il Conte Gabrio Serbelloni è uno di
quegli uomini che hanno quasi plasmato il loro tempo o che comunque, anche se
la loro eco non è giunta così forte sino a noi, nella loro epoca erano
conosciutissimi e presi in gran considerazione; colui di cui vi voglio parlare
oggi è, invece, a stento conosciuto nella sua stessa città e oserei dire quasi
volutamente dimenticato. Camillo Cadamosto...
Non vi deve quindi stupire la
carta d’identità piuttosto scarna:
CARTA IDENTITÀ
Nome:
CAMILLO
Cognome:
CADAMOSTO
Data di Nascita:
INCERTA, tra il 1405
e il 1415
Luogo di Nascita:
LODI, indicativamente in un
palazzo signorile essendo lui di nobile famglia
Data di Morte:
1448
Ultimo domicilio
conosciuto:
BRINDISI, anche se in
questa città non aveva una dimora, ma si sa per certo che fu qui a trovare la
morte
Stato civile al momento
della morte:
CELIBE e senza nessun
erede (nemmeno illegittimo)
Da queste poche indicazioni la
curiosità che balza all'occhio è la “fine” del nostro personaggio, in una città
non sua e senza nemmeno una fissa dimora. Quindi cosa poté mai accadere a
questo nobile…
Il tutto parte dalla sua città natale, Lodi. Siamo nel 1448 e il nostro Camillo sta letteralmente dilapidando le sue
ricchezze nel gioco d'azzardo. Non passa notte senza che le sue perdite si
intensifichino; ad una parvenza di fortuna fa seguito quasi subito un nuovo tracollo più
grande di quello che in un primo momento era stato appianato.
La tensione cui è sottoposta la sua mente è in continuo aumento eppure il vizio del gioco unito al
fatto che solo in esso Cadamosto veda una possibilità per riscattarsi e
risollevarsi fanno il resto.
Il fatto per cui ancora oggi
viene, seppur vagamente, ricordato si compie una domenica sera. All'uscita dall'ultima messa il nobile lodigiano si attarda nella cattedrale per l'ennesima
preghiera alla Madonna. La sua mente quasi persa cerca invano una risposta
tangibile alle suppliche urlate all'affresco sul muro d'ingresso della
cattedrale rivolto verso la residenza vescovile. Da questa preghiera, da lui
ritenuta inascoltata, deriva il suo definitivo tracollo nella più cupa follia.
Estrae il pugnale che porta alla cintura e lo usa per trafiggere il volto
della Madonna, sulla guancia appena sotto l’occhio sinistro.
L'inspiegabile però avviene subito dopo: quando ritrae la lama dal muro affrescato ne esce un fiotto di sangue e la lama del suo pugnale ne resta macchiata.
Dalla follia il Cadamosto
cade nella disperazione.
Fugge. Non passa nemmeno da casa,
prende il suo cavallo e lascia Lodi senza nemmeno cambiarsi d'abito.
Non si sa esattamente come
fa ad arrivare fino a Brindisi, si pensa che nel corso del suo viaggio senza
meta abbia forse deciso di espiare i suoi peccati recandosi in Terrasanta e questo
renderebbe plausibile la scelta di Brindisi: se questa sia la sua
intenzione non è dato saperlo, è però sicuro che non riuscirà nell'intento.
Giunto infatti a Brindisi,
senza nessuno a cui rivolgersi, presumibilmente con gli abiti laceri e
sicuramente ancora non del tutto in sé stesso, viene quasi subito tratto in
arresto.
I gendarmi che lo bloccano rinvengono quasi subito il suo pugnale che, incredibilmente, è ancora insanguinato: lo collegano quindi all'omicidio di un uomo
avvenuto di lì a poco e di cui stanno cercando il colpevole. Nonostante la sua
innocenza Camillo Cadamosto non si professa da subito innocente e viene quindi
condannato a morte. Solo sul patibolo, prima di essere impiccato, spiega al bargello cosa ha commesso a Lodi, come è giunto a Brindisi, si proclama innocente dell'omicidio di cui è accusato, ma non intende sottrarsi
alla pena comminatagli che, invece, ritiene equa per il sacrilegio compiuto.
Resta il fatto che il magistrato brindisino, stupito da questa confessione, a sentenza eseguita cercherà tra i presenti all'esecuzione un viandante diretto a nord e, trovato un abitante di Voghera che stava per fare ritorno nella sua città, gli affiderà la trascrizione della confessione fatta in punto di morte da Cadamosto.
Resta il fatto che il magistrato brindisino, stupito da questa confessione, a sentenza eseguita cercherà tra i presenti all'esecuzione un viandante diretto a nord e, trovato un abitante di Voghera che stava per fare ritorno nella sua città, gli affiderà la trascrizione della confessione fatta in punto di morte da Cadamosto.
Tanto sarà lo stupore del
Vicario vescovile quando, qualche giorno dopo, questa confessione giungerà nelle
sue mani e ancora più stupito si dovrà dimostrare quando, controllando
l'affresco, vedrà che lo sfregio sulla sacra immagine è effettivamente ancora sporco di sangue e che questo è colato dal volto della Madonna fino ad imbrattarne le vesti.
Di Camillo Cadamosto in pochi appunto conoscono la storia, così come in pochissimi sanno che, un tempo, la Cattedrale di Lodi recasse degli affreschi anche all'esterno e non solo al suo
interno.
Un paio sono ancora
visibili, seminascosti in effetti, in una vetrinetta vicino ad un negozio in piazza Broletto posti in alto vicino ad una volta sulla parete esterna
del Duomo.
Si è anche persa nel tempo
l'identificazione di quale esattamente fosse l'affresco “ferito” dal Cadamosto, anche se alcuni indizi convergono verso la Madonna del Latte che inizialmente era
esposta fuori dal Duomo e che, intorno al 1500, venne traslata al suo interno e posta nella cappella a destra dell'altare maggiore dove si trova ancora oggi.
RIFLESSIONE
Di questo personaggio, per
quando breve sia stata la sua storia e dimenticata la sua vita, mi hanno sempre
colpito le sue ultime motivazioni.
Mi sono sempre chiesto infatti
cosa mai avesse pensato nei suoi ultimi momenti di vita quando, pur innocente
per l'omicidio di cui era accusato, preferì comunque non riscattarsi e morire
sul patibolo.
Pensava forse che, se non
avesse scaricato la sua pazzia su quel dipinto, molto probabilmente di lì a
poco sarebbe stato realmente capace di strappare una vita? Oppure, come il suo
pugnale non si sarebbe più potuto pulire da quel sangue, allo stesso modo sentiva che
anche la sua anima era ormai irrimediabilmente macchiata di qualcosa di forse più grave dell'assassinio...
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FONTI
-
Giovanni Agnelli, Dizionario storico-geografico
del Lodigiano, Lodi 1886
-
Giovanni Agnelli, Lodi ed il suo territorio
nella storia, nella geografia e nell'arte, Lodi, 1917
- http://www.istitutocalvino.gov.it/studenti/siti/lombardiamisteriosa/lodi/leggende/cadamosto.htm
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