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PERSONAGGI: Pietro Temacoldo

Precisazione doverosa: non è una rappresentazione di Pietro Temacoldo, se non nella mia immaginazione

Obbligato a restringere di molto il raggio d’azione delle mie sporadiche (se non nulle) sessioni di jogging, al limitare dello spazio concessomi dalle attuali restrizioni da Covid-19 raggiungo una via che, attraverso una ricerca incrociata tra maps, google-earth e via-michelin, posso affermare non esista in nessun altro paese italiano: via TEMACOLDO.
Questa sua unicità e il personaggio a cui è dedicata fanno parte di una delle storie più gotiche e allo stesso tempo vere e documentate di Castiglione d’Adda…

Prima di tutto però la nostra imprescindibile…


CARTA D’IDENTITÀ

Nome:
PIETRO
Cognome:
TEMACOLDO
Data di nascita:
SCONOSCIUTA, indicativamente tra il 1280 e il 1300
Luogo di Nascita:
CASTIGLIONE D’ADDA (all’epoca Castrum Laudensis)
Data di Morte:
SCONOSCIUTA, è sicuro solo l’anno: 1335
Ultimo domicilio conosciuto:
LODI, Palazzo Broletto
Stato civile al momento della morte:
CELIBE (come sembra lo fu per tutta la vita).


Non si sa molto della vita di Pietro Temacoldo fino al suo arrivo, in qualità di cancelliere, al servizio di Bassiano Vistarini, proclamato Signore di Lodi da Matteo I Visconti nel 1321.
Si sa solo che era figlio di un umile mugnaio di Castiglione (dove era nato) e che, per un caso fortuito e alcune amicizie ecclesiastiche, gli era stata data la possibilità di studiare fino a diventare notaio.
Già questo per l’epoca è qualcosa di enorme e denota un'intelligenza e delle capacità non indifferenti in un uomo che partiva da una bassa estrazione sociale. Il fatto che le fonti non riportino nessun legame sentimentale per il Temacoldo è anche riprova che, probabilmente, lui mise tutto sé stesso nello studio e nella carriera notarile: tanto appunto da conquistare la fiducia del Vistarini che si trovava a dover governare Lodi in un periodo estremamente difficile e di continua lotta tra Guelfi e Ghibellini.
Unico legame affettivo che sembrava avere il Temacoldo è con la giovane nipote monaca di cui però ci è sconosciuto il nome.


IL FATTO

È a questo punto che la storia di riscatto sociale, di cui il Temacoldo è assoluto protagonista, si scontra con la dura realtà. Le fonti non si soffermano sulle sfumature o i dettagli di ciò che avvenne, ma sono tutte concordi nell'affermare ciò che io, ora, cercherò di raccontare colmando i vuoti della cruda cronaca del tempo.
È il 1328…

A novembre la giovane monaca era solita fare visita al caro zio Pietro e lui non mancava mai di ospitarla per qualche notte, prima che potesse tornare al suo monastero, carica, come di consueto, dei doni dello zio per le consorelle.
Fu in una di queste notti, sfruttando l’assenza da casa del Temacoldo, chiamato per delle urgenze dal già molto malato Bassiano Vistarini che i figli di lui, Giacomo e Sozzino (forse solo quest’ultimo da alcune fonti), sicuri di farla franca perché protetti dal nome della famiglia, osarono forzare la casa del notaio e accanirsi come animali sulla povera ragazza inerme ed indifesa.
Cosa successe quando il Temacoldo, rientrato scoprì l’accaduto? Niente. Non li denunciò né, sembra, parlò di questo al vecchio Vistarini (se anche lo fece, è sicuro che i due superarono la vicenda impuniti).
Di lì a poco Bassiano morì, lasciando il controllo della città appunto a Giacomo e Sozzino che non tardarono a mostrare la loro indole crudele imprigionando e lasciando morire di fame chi si opponeva loro o semplicemente non li sosteneva.
I due però avevano piena fiducia nel Temacoldo, tanto da affidargli decine di buoni soldati e il controllo delle porte della città, commercialmente attivissima a quel tempo.
Estratto da: "Historia dell'Antichità di Milano"
È il momento atteso dal Temacoldo.
La vendetta arrivò anch'essa di notte: con il favore delle tenebre il notaio fece entrare in città 1500 soldati che puntarono dritti al Palazzo dei Vistarini: le difese furono esigue, anche contando che gli uomini migliori erano già al servizio del notabile. I due fratelli furono catturati senza che avessero avuto il tempo di impugnare le armi per provare a difendersi. Alla vista del Temacoldo, sconcertati, chiesero se lui sapesse chi volesse loro tanto male. “Un uomo che si prende soddisfazione” fu la sua risposta carica di orgoglio per l’onore macchiato in memoria della cara nipote.
I Vistarini vennero così percossi e torturati sotto gli occhi di quello che loro avevano sempre e solo considerato poco più di un servo, per essere infine chiusi in una cassa e gettati in una stretta prigione.
Gli uomini del Temacoldo iniziarono quindi a correre per la città urlando: “Viva il Popolo”; cosicché fu poi facile per il notabile farsi nominare reggente come Vicario della Santa Chiesa per acclamazione popolare. Fece però anche partire in tutta fretta un messo per Milano, diretto alla corte dei Visconti, per assicurare loro la sua assoluta fedeltà, chiedendo anche la conferma a lui della Signoria della città.
Il Temacoldo aveva così iniziato a cercare di reggere Lodi tenendo abilmente in una mano l’autorità della Chiesa, mentre con l’altra cercava l’appoggio dei Visconti, con la certezza di avere con lui la popolazione. Su questo punto in particolare aveva pienamente ragione: la gente di Lodi infatti, al sentire i lamenti dei due Vistarini rinchiusi e condannati a morire di inedia, non se ne lamentava ma anzi la riteneva la giusta punizione per una pratica da cui loro stessi erano soliti trarre diletto.


Passarono 7 anni di incertezze, nessuna delle due forze cui si era subito appellato il Temacoldo voleva fare un passo di più temendo la reazione dell'altra. A Milano i Visconti avevano problemi di stabilità interna e contrasti un po' con tutti i piccoli e grandi Comuni sotto la loro influenza. La Chiesa, dal canto suo, non voleva porsi direttamente contro Milano, un nemico in rapida espansione che disponeva di un fortissimo esercito. Temacoldo aveva quindi retto con il pugno di ferro Lodi senza alcun diretto appoggio o legittimazione e quindi non deve stupire il fatto che nessuno venne in suo aiuto quando, nel 1335, Azzone Visconti intento a porre sotto il suo diretto controllo tutta la Lombardia, dopo aver sconfitto Como, Cantù, Lecco e il Seprio, attaccò Lodi.
Temacoldo, da solo, non poteva certo pensare di bloccare il Visconti (tanto più che per quanto intelligente e preparato nella gestione di una città non era mai stato un condottiero), venne quindi sconfitto in breve tempo, catturato e giustiziato: un uomo che, partendo della plebe, era giunto a governare una città trucidando i suoi nobili Signori era senza alcun dubbio troppo pericoloso se lasciato in vivere (anche per i Visconti di Milano).

Si spense così, dopo solo sette anni, la fiamma della vendetta che aveva arso Pietro Temacoldo portando al parossismo la sua ambizione. Di lui non ci resta che qualche nota a piè di pagina nei libri di storia e un nome “strano” stampigliato sul cartello di una via in un oscuro paesino lodigiano; ma, a pensarci bene, quanti uomini dai più umili natali possono vantare di aver ottenuto altrettanto?

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FONTI

-          Historia Dell'Antichità Di Milano
-          Legittimazione e credito tra medioevo e ottocento
-          Historia di detti et fatti notabili di diversi Principi & huommi privati moderni
-      Ghizzoni S., Castiglione d'Adda : dalla sua origine fino ai nostri giorni, Castiglione d'Adda  1975

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