Conosciuto anche come il Castello dei 70 fantasmi, basterebbe solo questo nomignolo a far venire il
“prurito dello scrittore” a chiunque. Chiedo quindi venia a chi avesse
cominciato a leggere qualcosa di questo piccolo blog aspettandosi di trovare
quasi subito questo luogo tra quelli recensiti.
Non posso dilungarmi oltre in
una presentazione di uno dei luoghi misteriosi più famosi della nostra zona e
le cui leggende hanno da tempo valicato i confini del lodigiano, anzi, spesso e
volentieri, al di fuori del nostro territorio si conosce questo maniero senza
sapere esattamente dove si trovi. Ecco quindi le principali curiosità relative al castello di Maccastorna…
IL CASTELLO
Innanzitutto la posizione [QUI] importantissima per difendere
uno dei pochi guadi del basso corso dell’Adda.
Edificato intorno al 1250 dai Ghibellini scappati da Cremona è una vera e propria rocca costruita per essere inattaccabile; infatti nel corso della sua storia, benché passò di
mano numerose volte, fu conquistata una sola volta, proprio all'inizio della sua
storia, e da lì in poi mai più caduta con la forza delle armi, ma sempre ceduta
dai signori locali a chi si ritenesse degno di fiducia (spesso
immeritatamente).
Si presenta ancora come nella ricostruzione che ne fecero i Guelfi cremonesi dopo averne
massacrato i primi costruttori.
Di forma quadrangolare, ma con
i lati concavi per migliorarne le possibilità difensive è munito di 8 torri
ribassate a livello delle possenti mura perimetrali originariamente merlate e
ora dotate di tetto (sola componente più recente e non votata alla guerra). Unica torre ad alzarsi al di sopra delle mura è il mastio, posto sul lato
opposto rispetto al corso dell’Adda e qui posizionato per dominare sulla
campagna circostante.
Non pienamente soddisfatto di
queste sue caratteristiche, nel 1400 l'allora feudatario di Maccastorna,
Cabrino Fondulo (parleremo molto di lui tra poco), decise di edificare una
seconda cerchia di mura di cinta e un grande e profondo fossato con relativo
ponte levatoio; si prevenne anche in caso di eventuali assedi scavando nella
piazza d’armi un pozzo poi nominato “pozzo delle taglie”.
Prima di addentrarci nella
leggenda principale, ce ne è infatti più d’una relativa a questo castello, vediamo di conoscere meglio il suo protagonista…
Questi era un capitano di
ventura di Soncino che si era fatto strada con le armi e gli intrighi senza
farsi mai nessuno scrupolo. Nel corso dei primi anni della sua carriera militare si
era infatti guadagnato la stima, insieme al fratello Pagano, di Gian Galeazzo
Visconti (allora signore di Milano). Questa vicinanza con il duca di Milano
attirò l'interesse dei Gonzaga (signori di Mantova) che sfociò in un
progetto proprio contro il Visconti. Purtroppo per i Fondulo la trama venne
scoperta, complice anche la quasi maniacalità nello spiare i suoi sottoposti
di Gian Galeazzo (che questa volta ci aveva comunque azzeccato). Sta di fatto che
il solo Pagano morì decapitato, mentre Cabrino riuscì ad evadere dalle carceri
milanesi per rifugiarsi appunto presso i Gonzaga.
Ormai in ovvia rottura con i
Visconti, Cabrino si alleò con Ugolino Cavalcabò aiutandolo nella lotta per
diventare feudatario di Cremona, a discapito proprio dei Visconti,
sconfiggendoli in una sanguinosa battaglia presso Pizzighettone ed ottenendo
così in premio dal Cavalcabò il feudo di Maccastorna, dove praticamente si
asserraglierà.
La reazione dei Visconti non
si fece attendere, ma per loro il Fondulo era un pesce piccolo, loro miravano
ad Ugolino che infatti venne catturato dai milanesi nel dicembre del 1404. La
reggenza di Cremona passò quindi al cugino di questi, Carlo Cavalcabò.
Nel 1405 Ugolino riuscì a
scappare di prigione, però il cugino non voleva lasciare la reggenza di Cremona; così chiamò il nostro Cabrino a far per lui il lavoro sporco, catturando ed
imprigionando Ugolino nel castello di Santa Croce a Cremona.
In questi giochi di tradimenti
Cabrino Fondulo sembrava proprio sguazzarci tanto che decise di approfittare
della situazione e della fiducia appena conquistata. Il 25 luglio 1406 invitò a
cena presso il suo castello di Maccastorna Carlo Cavalcabò e tutto il suo
seguito. Non si salvò nessuno, anzi, quella stessa notte venne ucciso anche Ugolino.
Senza più ostacoli e con le milizie cremonesi già sotto in suo controllo, la
mattina successiva si fece proclamare signore di Cremona.
Ad un anno di distanza da quei
fatti sanguinosi Fondulo risiedeva stabilmente a Cremona e non era certo stato con
le mani in mano: in poco tempo aveva stretto accordi con i signori di Parma, Mantova
e del Monferrato, nonché con Firenze. Fu a questo punto che divenne un “pesce
abbastanza grande” da infastidire i Visconti: Filippo Maria Visconti (nuovo signore di Milano) gli mandò
contro il suo miglior condottiero, il Conte di Carmagnola, che lo sconfisse
ripetutamente e nel 1419 lo obbligò a ritirarsi nel castello di Castelleone (non
Maccastorna, strano vero?) in una sorta di prigionia dorata.
I Visconti però non potevano
permettersi che un tale uomo restasse in vita, nel 1424 gli tesero un’imboscata
e, portatolo a Milano venne processato e condannato alla decapitazione. Nel
1425 la sua testa era esposta come monito fuori dal palazzo del Broletto.
LA LEGGENDA
Ora che avete avuto un quadro
del personaggio non vi stupirete della leggenda principale che ruota attorno a
lui e al castello di Maccastorna.
Torniamo insieme a quella
notte del 25 Luglio 1406…
L'afa per luglio non è insolita, ma quella sera era particolarmente opprimente, non una goccia di pioggia era scesa ma, nonostante questo, fulmini secchi solcavano il cielo. Quella sera però c'era da festeggiare a castel Belpavone.
Cabrino Fondulo si era dimostrato ancora una volta prezioso ed era giusto accettare il suo invito, tanto più che le sue cene non di rado finivano in bagordi: questo pensava rallegrato Carlo Cavalcabò, reggente di Cremona, ormai prossimo a diventarne signore grazie alla “inspiegabile” sparizione del cugino Ugolino, sopravvissuto e scappato dalle carceri di Milano ma mai arrivato a Cremona.
L'accoglienza è senza precedenti, portate con le carni più prelibate e otri e otri di vino vengono offerti al Cavalcabò e alla sua piccola corte: dodici persone tra le quali spiccano tutte le personalità più importanti per la guida della città, Giacomo e Lodovico fratelli di Carlo e il giureconsulto Andreasio su tutti.
Complice la pancia piena e il vino in corpo, tutto il gruppetto fu ben lieto, alla fine della cena, di accettare l’ospitalità del Fondulo che si guadagnò altri complimenti da parte di Carlo perché ancora una volta aveva pensato a tutto avendo già preparato le camere per gli ospiti. Il Cavalcabò era però totalmente all'oscuro di cosa Cabrino Fondulo avesse realmente preparato.
La notte per il signore di Maccastorna era appena cominciata.
Lui e un suo gruppo scelto di armigeri, perfettamente sobri e in forze, colsero nel sonno il meglio dell'aristocrazia cremonese compiendo una carneficina inaudita. I corpi dilaniati dei famigli vennero gettati nel grande fossato, ma ai tre Cavalcabò e al giureconsulto fu riservato un trattamento particolare: i corpi infatti vennero smembrati e gettati nel pozzo all'interno del castello dove sarebbe stato impossibile ritrovarli.
Il Fondulo non aveva però ancora finito la sua opera. A cavallo, con i suoi uomini, in piena notte corse a Cremona, entrato nel palazzo dove aveva rinchiuso Ugolino Cavalcabò uccise anche lui. Non si sa nemmeno che fine fece il corpo dell’ultimo dei Cavalcabò, anche se la vicinanza del castello di Santa Croce al Po è più che un suggerimento.
Cabrino era finalmente signore indiscusso di una città, come aveva sempre desiderato fin dai suoi esordi militari, ma a che prezzo? Questo non lo sapeva ancora nemmeno lui…
Il castello di Maccastorna è ancora la sua residenza preferita, ad una cavalcata da Cremona, imprendibile in caso di colpi di mano da parte dei Visconti e al sicuro da eventuali trame volte a spodestarlo: ad un anno esatto dalla notte in cui era diventato padrone di Cremona dorme beato e al sicuro a Belpavone. O almeno così crede.
E' ancora una notte cupa, fatta di fulmini e lampi sulla Maccastorna, anche se, pare strano, a Cremona non si ode nemmeno un tuono. Il sonno del Fondulo si fa improvvisamente agitato. Si sveglia di soprassalto per dei suoni nel castello: urla di morte. Il castello però non è sotto attacco, gli armigeri riposano tranquilli e sembra non abbiano sentito nulla. Ne sveglia un paio per farsi aiutare in un giro di ronda. Appena escono nella piazza d’armi sono tutti colti dal terrore. Sugli spalti una decina di creature spettrali con i sudari bianchi intrisi di sangue mugghiano tra le urla il nome di Cabrino Fondulo, mentre cercano di tenersi insieme pezzi delle loro membra martoriate. I morti circondano i vivi spingendoli fino al pozzo. Cabrino è il primo a finirci letteralmente contro senza essersene quasi reso conto. Una voce alle sue spalle gli gela il sangue: “Tu l’hai voluto, tu ne porterai il peso”. Riconosce solo queste poche parole oltre che al proprietario della voce: Carlo Cavalcabò. Voltatosi di scatto si trova danti lo spettro del suo vecchio signore. Una figura diafana che sembra essersi ricomposta conservando le ferite inflittegli, prima fra tutte l’ampio taglio sulla gola opera dello stesso Cabrino.
Maccastorna viene abbandonata del Fondulo quella notte stessa per non farvi mai più ritorno.
La sua signoria non durerà a lungo e pare che Cabrino Fondulo non avrebbe avuto mai più sonni tranquilli, complici forse i pensieri che portava nel dover governare una città importante come Cremona... O forse ben altro tormentava le sue notti...
Questo paragrafo è abbastanza
semplice da scrivere e credo sia anche lampante la base storica da cui nasce la
leggenda dei fantasmi di Maccastorna: vera e tutta documentata con dovizia di particolari.
Vorrei quindi che portare la vostra attenzione su qualche curiosità interessante.
Vorrei quindi che portare la vostra attenzione su qualche curiosità interessante.
Intanto è verissimo che
Cabrino Fondulo non metterà più piede a Maccastorna, risiedendo prima a Cremona
(cosa questa abbastanza spiegabile) ma, una volta sconfitto dai Visconti, scelse
per quella sorta di “arresti domiciliari” che gli furono proposti il Castello
di Castelleone e non quello di Belpavone, senza dubbio più difendibile e meglio
attrezzato per proteggersi da eventuali ripensamenti dei Visconti. Infatti a
Castelleone non potrà difendersi a dovere e cadrà appunto in una imboscata dei
milanesi ed in seguito decapitato.
Altra nota lugubre: il pozzo
al centro della piazza d’armi è detto appunto POZZO DELLE TAGLIE e pare che il
nome sia una contrazione di “frattaglie” o comunque derivi da qualcosa tipo: “cose
tagliate”.
Ultimo appunto, confermatomi
personalmente tempo fa dagli attuali proprietari: da anni ed anni, non sanno bene nemmeno loro da quanto, nessuno si azzarda a dormire
nel castello di Maccastorna nelle notti intorno al 25 luglio...
Avevo accennato a inizio post
che il castello di Belpavone a Maccastorna era appunto detto anche “dei 70
fantasmi”. In effetti finora siamo fermi “solo” a 12…
Come spesso accade il numero
70 è in effetti simbolico, quasi a definire con questa cifra un numero molto
grande e sono sicuro che questa sia stata la reazione più comune leggendo per
la prima volta questo nomignolo. Mai però come nel caso di Maccastorna la cifra
passata alla leggenda è invece riduttiva rispetto al numero di efferati delitti
compiuti nella rocca…
1523
Riccardo Bevilacqua incontra qui Teodoro Trivulzio perché vuole che quest’ultimo passi a lui il feudo di Maccastorna, come deciso dai Visconti (serviti da entrambe le famiglie). In tutta risposta il Trivulzio lo fa uccidere a pugnalate.
1523
Riccardo Bevilacqua incontra qui Teodoro Trivulzio perché vuole che quest’ultimo passi a lui il feudo di Maccastorna, come deciso dai Visconti (serviti da entrambe le famiglie). In tutta risposta il Trivulzio lo fa uccidere a pugnalate.
E siamo a 13, ma se andiamo più indietro nella storia…
1271
I Guelfi Cremonesi sconfiggono definitivamente a Maccastorna i Ghibellini, primi costruttori del castello. Ai Guelfi la resa però non basta e giustiziano a fil di spada tutti i sopravvissuti senza nemmeno allestire un processo (farsa, ma buona regola al tempo).
1271
I Guelfi Cremonesi sconfiggono definitivamente a Maccastorna i Ghibellini, primi costruttori del castello. Ai Guelfi la resa però non basta e giustiziano a fil di spada tutti i sopravvissuti senza nemmeno allestire un processo (farsa, ma buona regola al tempo).
La leggenda vuole che questi
superstiti fossero 57… ed ecco i nostri 70 fantasmi, ma i Ghibellini
asserragliati a Belpavone quel giorno erano più di 200…
__________________________________________________
FONTI
-
Lorenzo Manini, Memorie storiche delle città di
Cremona, Cremona, 1819
-
Dizionario storico geografico del lodigiano /
Giovanni Agnelli. - Rist. anast. - Lodi : Lodigraf, stampa 1990. - VIII, 328 p.
; 31 cm - Facs. dell'ed.: Lodi : Tip. editrice Della Pace, 1886
-
Atlante storico-geografico dei comuni del
Lodigiano : il territorio, le istituzioni e la popolazione dal Ducato di Milano
alla Provincia di Lodi / di Angelo Stroppa ; introduzione di Ferruccio
Pallavera ; ricerca iconografica di Pasqualino Borella. - [Lodi] : Consorzio
del Lodigiano, stampa 1994. - 127 p. : ill. ; 33 cm - Ed. fuori commercio
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