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LEGGENDE: Fantasmi sull'Adda (ovvero la Rocca di Trezzo)



Devo confessare che sono stato abbastanza distratto in questo ultimo periodo (l'arrivo finalmente di MALLEUS ha assorbito molto del mio poco tempo libero), in aggiunta a questo non riuscivo a rimettere ordine nelle molte idee che avevo per questo post di “ripresa attività”. In questa corsa al più stuzzicante negli ultimi giorni è stato un testa a testa tra “parenti stretti”: tra luogo e leggenda ambientata in quello stesso luogo.
Ha vinto alla fine la leggenda per il semplice fatto che il luogo è stato assorbito da un'altra ideuzza molto più intrigante ma di più lunga realizzazione e quindi rimandata a un “tra qualche post”.
Bando quindi ai convenevoli e parliamo dei FANTASMI di TREZZO SULL'ADDA…

Le vecchie abitudini non si perdono e quindi… piccola precisazione: ho parlato giustamente di fantasmi “al plurale” perché si hanno testimonianze (più o meno veritiere ma questo lo lascerò decidere a voi) che parlano di avvistamenti di molti fantasmi all'interno di questo castello. Mi concentrerò però sulla leggenda più tramandata e anche, a mio avviso, maggiormente intrigante.



EPOCA DI SVOLGIMENTO

Va subito detto che si tratta di una leggenda, avendo appunto per protagonisti dei fantasmi, ma appunto fantasmi di persone realmente esiste e, anche per questo, inquadrabili in un periodo storico di svolgimento molto preciso: siamo infatti indicativamente nel periodo tra il 1370 e il 1385 quando i fatti che sto per raccontarvi avvengono e da lì si genererà la leggenda dei fantasmi del castello di Trezzo.


AMBIENTAZIONE

Come appunto già più volte accennato l'ambientazione è proprio la rocca Viscontea di TREZZO sull'ADDA. Fatta erigere da Bernabò Visconti nel 1370 ampliando e in parte distruggendo il castello preesistente (edificato addirittura dalla regina longobarda Teodolinda).
Il passaggio da Castello a Fortezza si rese necessario agli occhi del Visconti soprattutto per proteggere  il vicino ponte fortificato sull'Adda (migliorato nelle difese sempre dallo stesso Bernabò), uno snodo fondamentale per i commerci del Ducato ma anche utilizzato da FEDERICO BARBAROSSA prima e poi per poco non usato da EZZELINO III DAROMANO: entrambi i condottieri avevano come obiettivo l'attacco a Milano (nel caso del Barbarossa andato più volte a buon fine): vi basti questo per capire l'importanza nevralgica di Trezzo in quel periodo.  


PROTAGONISTI

Mi limito anche in questo caso ai protagonisti (sì, comunque al plurale) della leggenda principale.

BERNABÒ VISCONTI: Signore di Milano, costruttore della rocca nonché padre dell'altro fantasma di questa leggenda.

DONNINA: il suo nome non è sicuro, essendo una degli oltre trenta figli del Duca: illegittima perché figlia di una delle sue numerose amanti, ma come tutti i suoi figli, destinata a sposare qualcuno di importante (importante almeno per le macchinazioni politiche del padre) che al momento opportuno aveva in programma di legittimarla come figlia (lo aveva già fatto in altre occasioni sia con maschi che con femmine nati al di fuori del suo matrimonio ufficiale).


ORIENTAMENTO

Entrambi i fantasmi non hanno un orientamento limitandosi appunto a vagare per il castello “rivivendo” i momenti che li hanno visti coinvolti.
Piccola nota aggiuntiva: anche gli altri fantasmi presenti nel castello (al di fuori della leggenda principale su cui mi sto concentrando) non hanno un orientamento particolare, limitandosi anche loro a mostrarsi in momenti particolari della loro vita o del loro passaggio nel maniero.
Più avanti nell'articolo comunque vedo di menzionare anche loro, promesso.

Un ringraziamento particolare
per questa PERFETTA immagine
alla PROLOCO di Trezzo

CIAK
DONNINA, la bella figlia del Signore di Milano Bernabò Visconti, vive tranquilla la sua esistenza agiata nel castello di Trezzo, lontana dalla corte milanese, ma comunque nell'agio e nel lusso che suo padre le consente.
Donnina non sa di essere già stata promessa dal padre a suo cugino Gian Galeazzo Visconti e così, durante una delle piccole feste che il padre le permette di dare, si innamora di un cavaliere che non ha mai visto prima e con esso scambia la promessa di sposarsi non appena lui abbia ottenuto il permesso da Bernabò.
Il destino però ci mette lo zampino.
L'indomani arriva al castello di Trezzo proprio Bernabò Visconti, la figlia non si trattiene e gli rivela del suo amore appena nato. Il padre va su tutte le furie mostrando un lato del suo carattere allora completamente sconosciuto alla figlia: la minaccia, arriva anche a picchiarla nel tentativo di farla recedere dal suo intento, ma la ragazza scopre dentro di sé una forza che non pensava di avere. Si oppone al padre, forse lo insulta anche, ricordandogli che ancora non l'ha nemmeno riconosciuta come figlia legittima, essendo nata non da sua moglie ma da una delle sue tante amanti.
La discussione degenera.
Bernabò trascina la figlia nelle segrete del castello e nonostante le preghiere di lei, che comunque mai danno segno di volersi piegare alla volontà del padre, viene gettata dallo stesso Bernabò nel pozzo delle torture dove trova una morte atroce.
Il giorno seguente avviene ciò che Bernabò, nella sua cieca collera, non aveva voluto nemmeno appurare: al castello di Trezzo, saputa della presenza lì del Visconti, si presenta l'innamorato di Donnina. Alla sua vista il volto di Bernabò si fa terreo: quel cavaliere, di cui la figlia si era perdutamente innamorata, è nientemeno che suo nipote Gian Galeazzo, proprio colui a cui lui l'aveva già promessa. Il giovane si era infatti presentato alla ragazza nascondendo in parte la sua identità perché voleva essere amato da lei solo per la persona che era e non per il suo nome.
Bernabò è costretto a rivelare al giovane quanto accaduto, ignorando comunque il sentimento profondo che sua figlia aveva fatto nascere in lui, e per riparare al danno gli offre la mano di un'altra sua figlia, stavolta legittima: Caterina.
Gian Galeazzo freddamente accetta (i due si sposeranno nel 1380), ma da allora il giovane assumerà un atteggiamento molto più cupo e taciturno, ritirandosi a Pavia: città di cui è signore.
Passano così 5 lunghi anni in cui i due Visconti quasi non si vedono: Bernabò è intento a consolidare i suoi domini su Milano e Gian Galeazzo dimora nella sua tranquilla Pavia, dove è circondato da pochi fedelissimi amici e dove passa le sue giornate tra gli studi e la messa quotidiana, venendo anche additato dallo zio come un "fannullone scansafatiche senza nerbo".
Arriva così il 1385.
Il 6 maggio (mese dedicato alla Madonna) Gian Galeazzo avvisa lo zio che passerà da Milano per poi recarsi al Santuario di Santa Maria sopra il Monte (vicino a Varese). Bernabò si reca a salutarne il passaggio a Porta Vercellina con solo un esiguo gruppetto di armigeri: esattamente quello che Gian Galeazzo voleva.
Il giovane Visconti aveva infatti previsto tutto e aveva da tempo preparato la sua vendetta.
Un manipolo di soldati a lui fedeli era infatti già entrato a Milano da Porta Giovia e si era nascosto, con la complicità dei guardiani, nel vicino castello. Un'altra ventina di uomini, partiti con lui da Pavia, giunti in vista di Milano restano volutamente indietro rispetto al loro signore.
Quando Gian Galeazzo si ferma di fronte a Bernabò sembra un normale scambio di convenevoli tra due signori con le rispettive scorte.
In pochi minuti la situazione cambia radicalmente: il gruppo a cavallo arriva al galoppo, Bernabò capito il pericolo può solo cercare di rientrare subito in città da Porta Vercellina, ma la ritirata gli è già stata tagliata dal manipolo di uomini già presenti in Milano. La scorta di Bernabò viene letteralmente trucidata. A Bernabò invece non viene torto un capello, almeno per il momento.
Gian Galeazzo assume senza sforzi il totale controllo di Milano e grazie ai suoi altri possedimenti pone le basi per la nascita del Ducato di Milano di cui lui sarà appunto il primo Duca.
E Bernabò?
La sera stessa della sua cattura viene portato alla Rocca di Trezzo e rinchiuso nelle segrete. Morirà di fame sette mesi dopo, incatenato accanto al pozzo delle torture dove aveva gettato la figlia: non gli verrà data nemmeno la possibilità di togliersi la vita gettandosi in quello stesso baratro, anzi per tutti quei mesi riecheggeranno i suoi lamenti accompagnati, stranamente, dal pianto sommesso di una fanciulla.
Ancora oggi, ogni notte, passando vicino all'orrido nelle segrete si possono sentire quei due distinti gemiti.
Inoltre molte persone, che nel corso dei secoli hanno soggiornato nel maniero, giurano di aver visto nelle stanze del castello di Trezzo due distinte figure evanescenti, una giovane dama e un uomo maturo, con barba e baffi importanti: i fantasmi di Donnina e Bernabò. La prima si aggira triste per le sue stanze e per quelle che, nella sua fantasia, sarebbero dovute diventare le sue camere nuziali; il secondo, se riuscite a seguirlo, vi condurrà invece fino alle segrete sparendo una volta raggiunto il luogo dove, quanto era in vita, si compì il suo destino: il pozzo delle torture.  



VERSIONE ALTERNATIVA

Come spesso accade, esiste anche un'altra versione della leggenda, “edulcorata” (se così possiamo dire) dei nomi propri dei protagonisti.
Un'antica e nobile castellana di Trezzo si innamora perdutamente del suo stalliere. Il padre osteggia la coppia e arriva a far uccidere il ragazzo. La ragazza straziata dal dolore, saputo della morte del suo amato voluta dal padre, sale di corsa le scale del mastio per poi suicidarsi gettandosi da esso.
Ancora oggi, ogni notte, si può vedere l'ombra di una donna con una lunga veste precipitare dall'unica torre rimasta dell'antico castello: appunto il mastio.
Il fatto strano è che, pur rimanendo simile nel contenuto, questa leggenda non si sovrappone perfettamente a quella di Donnina e anzi, i fantasmi (che a questo punto sono già diventati 3) sono, in tempi diversi, stati visti tutti e tre.



GLI ALTRI FANTASMI

Come accennavo, e come avete letto qui sopra, i fantasmi che popolano il castello sembrano essere molti di più di quelli connessi alla leggenda che potremmo definire principale.
Vi presento velocemente gli altri…

FEDERICO BARBAROSSA – alcuni giurano che lo spettro con barba e baffi non sia di Bernabò Visconti, ma appunto del Barbarossa, tornato in questo castello per proteggere il suo tesoro che qui era stato lasciato in tutta fretta.

TEODOLINDA – La regina Longobarda per il cui volere venne eretto il primissimo castello di Trezzo e che, indispettita per le modifiche fatte alla sua dimora, vi si aggira cercando, inutilmente, le sue antiche stanze. In effetti questa figura spettrale pare sovrapporsi, almeno nelle “abitudine” a quella di Donnina.

UN BALLO TRA DAME E CAVALLIERI – questo "avvistamento" slegato dalle leggende è invece stato documentato da alcuni verbali lasciati da un ufficiale tedesco che, durante la seconda guerra mondiale, si era riparato nel castello insieme a tutto il suo reparto (circa una ventina di uomini): pare che quella notte si svolse nel castello una vera e propria festa danzante fra spiriti di dame e fantasmi di cavallieri. La mattina successiva l'ufficiale, parlando con un suo luogotenente descrisse quello che credeva essere stato un sogno salvo poi scoprire che tutti i membri del suo reparto avevano appunto fatto lo stesso “sogno”.


UN FONDO DI VERITÀ

Il ragionamento sulla base veritiera di questa leggenda è molto semplice (almeno per quanto riguarda i personaggi storici menzionati).
Bernabò Visconti è stato effettivamente catturato e lasciato morire dal nipote Gian Galeazzo proprio nel castello di Trezzo esattamente nelle modalità descritte dalla leggenda. Manca, in effetti, solo la certezza del movente che i fatti non posso confermare, anche se è altrettanto vero che il Bernabò uccise nel castello una delle sue figlie illegittime, rea di aver rifiutato un matrimonio da lui combinato, ma da questo punto della storia in poi le fonti divergono: alcune dicono che l'abbia uccisa buttandola nel pozzo delle segrete; altre che l'abbia gettata in Adda direttamente dal mastio del castello. A conti fatti comunque entrambe le versioni riportate dalle fonti collimano con l'una o l'altra leggenda che ho riportato.

Simile il discorso per il fantasma del Barbarossa o di Teodolinda: possono in effetti essere rapportati ai due spettri maggiormente avvistati ed entrambi, in qualche modo, sono stati legati al castello di Trezzo.

Molto diversa è invece la vicenda riportata dall'ufficiale tedesco, forse anche più intrigante perché giuntaci da una persona che difficilmente poteva conoscere la storia passata del castello e che soprattutto non nomina personaggi illustri che, in un certo senso, maggiormente si sarebbero prestati alla mitizzazione.



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FONTI



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