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LIBRI: Un giorno speciale



Nella mia testa oggi non poteva davvero girare altro, è un giorno troppo speciale e irripetibile perché non ne parli anche su questo blog. Nonostante mi sforzi di essere il più possibile un divulgatore obiettivo, quello che scrivo qui è comunque una parte di me e in quanto parte di me non poteva che finire nell'orbita della mia sfera più emotiva: non posso quindi esimermi dal parlare oggi in un modo completamente diverso dal solito.
Perché oggi 5 GIUGNO è il 10° ANNIVERSARIO del giorno in cui un ragazzino un po' sognatore ha unito la sua vita alla sua musa.

BUON 10° ANNIVERSARIO DANY

Visto che appunto quella di oggi sarà una pagina strettamente personale potete anche fermarvi qui nella lettura, se invece foste un po' più curiosi potete pure proseguire sapendo che comunque non riporterò particolari della vita privata mia o di mia moglie, ma solo quello che lei, in qualità di MUSA, ha ispirato nella mente di questo pseudo-scrittore. 


Sarà quindi una serie rocambolesca di citazioni che hanno, non hanno e alcune magari non avranno mai il piacere di conoscere la carta stampata.


Dal romanzo “Castrum”…

[…]
Era un luogo molto appartato, sapeva che era conosciuto da altri, ma gli piaceva definirlo suo; l'unico posto in cui lasciava la corazza di fermezza per ritrovare la pace con il suo io più profondo, tutt'altro che bellicoso. Come spesso accade, fu proprio in quel momento di vulnerabilità che venne colpito al cuore da quello sguardo tanto cercato e mai, in fondo, sperato di trovare. Una creatura silvestre sbucata dal nulla; una ragazza, coi capelli che avevano rubato il colore ai riflessi dorati del sole tra le fronde degli alberi e due occhi così profondi da poterci scorgere l'infinito: era lì, ferma davanti a lui, ad osservarlo. Non furono solo questi particolari a farlo capitolare, ma anche la sua voce: le sue risate e alcune sue espressioni che fecero capolino durante quel primo dialogo. Non ricordava praticamente niente di quello che si erano detti in quel primo incontro; la sua memoria era totalmente impegnata a cogliere e trattenere ogni minimo particolare di lei, solo il suo nome gli era rimasto marchiato a fuoco nel cuore e nella testa […]
-          Per questo ti ho portata qui, qualunque cosa accada le nostre anime non si separeranno mai e io in un modo o nell'altro tornerò sempre da te.
Detto questo ed estratto il pugnale, incise quella roccia: il loro sasso, poche semplici parole consegnando quella promessa, fatta davanti a Dio, all'immortalità della pietra. Lei le guardò, lui le stava insegnando a leggere, ma quelle parole le conosceva tutte e un sorriso rischiarò il suo bellissimo volto mentre una lacrima le imperlava la guancia. Sotto le poche coperte, che avevano usato fino a quel momento per ripararsi dal freddo, con la luce della luna a rischiararli e il masso a proteggerli, i due innamorati sancirono nella carne il giuramento di eternità che già avevano stipulato le loro anime quando furono create.
[…]
Qui due anime si sono incontrate e hanno cominciato a vivere.
[…]
La stanza è solo luce. Un chiarore abbacinante. Qualcosa si muove, ma i suoi occhi non riescono a contemplarla. Troppo acuti si sono fatti per raggiungere l'obiettivo e ora non vedono altro che piccoli particolari, mentre sfugge loro il completo sembiante. Capelli color dell'aurora in primavera che frusciano in una giravolta improvvisa. Una mano candida che si alza verso una bocca rosea, piegata nella smorfia propria del pianto, per poi protendersi, timorosa quanto incredula. Una lacrima che fa più rosee le guance su cui scorre, seguita subito da molte altre. Gli occhi. Stupenda visione. In uno sguardo due anime si riconoscono, per quanto incredibile e spietato possa essere stato il destino. La vista non è più un senso. Ha perso ogni sua facoltà quando ha rincontrato quei due occhi color della foresta e in loro si è persa, alla ricerca di quell'infinito in loro nascosto.
La mente tenta di attaccarsi alla realtà, cercando nell'udito la testimonianza che questo è ancora il mondo dei sensi e non la pace dell'oblio. Frusciare di vesti. Singhiozzi e gemiti. Respiri affannati e affannosi che nascondono angoscia, incredulità…Desiderio? Parole all'Altissimo sbocconcellate e incomprensibili. Una si fa strada tra le altre. Ripetuta più volte, come una lenta preghiera. Sempre più forte, con voce sempre più ferma, che si fa consapevolezza, fino a diventare finalmente udibile. […] Dolcezza ineguagliabile di una voce conosciuta da sempre, ma fattasi ancor più sublime dopo tanta lontananza.
Il contatto. Un bacio. Il bacio.
Il mondo non esiste più.
Due labbra contro due labbra. Due anime che risorgono per ridiventare una sola. Calore. Passione. Fuoco che arde senza consumare. Un abbraccio che avvampa le vesti. Che bruciano addosso. Che ardono cadendo a terra. Le mani che si rincorrono, si cercano, si trovano. Due corpi che si conoscono e si riconoscono.
Ogni linea, ogni tratto, ogni lembo di pelle trova il compagno da tempo bramato. Si fonde con esso. Ogni incavo trova la sua curva, ogni anfratto si fonde con la sua prominenza. Soffice a solido, tenero a saldo, Donna a Uomo. Tutta la voluttà e la delizia dell'amplesso. Tutta la passione e la commozione di due spiriti affini, uniti da Dio e divisi ingiustamente dal fato e che, adesso, ora, ritrovatisi, non hanno potuto fare a meno di ricongiungersi completamente. A terra ancora stretti in quell'unica sublime creatura che è due corpi, due menti, ma un solo cuore e una sola anima.
Una sola spettatrice, inconsapevole quanto incredula, che però, vedendo il compimento dell'amore nel gesto più naturale che esiste, da tempo ha lasciato solo a cibarsi di sé stesso l'essere perfetto.
[…]
Vorrei, una volta, essere un pittore,
per averti almeno come modella
e fissarti a lungo senza timore,
scoprendo tutto ciò che ti fa bella.


Vorrei, una volta, essere un artista,
per disegnare rilievi e vallate
che il tuo corpo offre alla mia vista,
senza il rimorso di lande violate.


Perdermi in te ad ogni pennellata,
che accarezza, dolce, i fogli sbiaditi,
mentre la notte avanza inaspettata.


Dal magico evento essere rapiti
e nella passione della serata,
trovarci ritratti insieme assopiti.
[…]



Dal racconto “Emozione”…
[…]
Questo fantastico equilibrio ascetico non poteva durare, era infatti giunto per me il momento di capitolare, cedendo le armi a un nemico che non si può, né combattere, né vincere. Caddi scoprendomi amore.
Lei si chiamava […]. Più di chiunque altro nella mia storia, il suo ricordo merita tempo e parole. Nel corso della mia esistenza avevo conosciuto dee, ninfe, valchirie e fattucchiere, ma nessuna era riuscita con un solo sguardo a trapassare la mia corazza toccandomi il cuore. Non era che una contadina, ma i suoi occhi trasparivano fierezza e nobiltà degne di una regina. I suoi abiti logori tradivano la povera condizione in cui
viveva, ma il suo passo era ammaliante quanto nobile.
Veniva ogni giorno a lavare i panni non lontano da dove io riposavo, incurante del panorama lugubre che aveva di fronte. Spesso la vedevo sorridere, inconsapevole della mia presenza, all’oscurità che mi nascondeva. La guardavo affaccendarsi su abiti più consunti che sporchi e il tempo si dilatava: vedevo il rossore della fatica sbocciare sulle sue guance, il sudore imperlarle la fronte e scendere come rugiada sulle gote e sulle labbra che, al suo arrivo, si increspavano in una dolce smorfia per assaporare quel frutto del suo lavoro. Ero perduto, ero passione.
Le mie giornate passavano nell’attesa del suo ritorno, le notti insonni, le mattine angosciose, i pomeriggi sublimi e le serate recriminatorie. Amavo da lontano come fanno i poeti (o i ragazzini e gli stolti…).
Ero pazzia. Tanto matto da pensare di infrangere quel muro di anonimato che avevo così difficoltosamente eretto: un giorno, protetto dalla nebbia, le parlai. Non so se fu mai consapevole di cosa io fossi, ma chi ero lo sapeva bene. Passai giorni a raccontarle favole e leggende, aveva una mente brillante e più conversavamo più aumentava il desiderio di continuare a farlo. La vedevo sempre più spesso arricciarsi nervosamente i capelli quando mi perdevo in lusinghe, forse fin troppo scontate, ma era delizioso imbarazzarla e scoprirmi a mia volta imbarazzato. Intanto, inesorabile, passava il tempo e più passava più le leggevo dentro il bisogno di dare un volto a quelle parole di bruma (così mi chiamava…) e io, più sentivo questo suo desiderio, più mi ritraevo. Avrebbe mai capito? Avrebbe mai apprezzato (o amato…) il mostro?
Ne ero follemente innamorato, ma meritava altro. Qualcuno che fosse del suo mondo e del suo tempo, che le vivesse accanto scoprendola donna e scoprendosi uomo con lei giorno dopo giorno. Avrebbe potuto amarmi, lo sentivo, ma io non mi sarei mai potuto perdonare per la dannazione cui l’avrei sottoposta portandola via con me.
Me ne andai.
[…]


Dal romanzo “Malleus”…
[…]
Non ha nemmeno fatto in tempo ad assopirsi che una serie di fruscii attirano la sua attenzione. Sembra fogliame smosso, ma l’assenza di vento gli fanno scartare la causa naturale. Spada in pugno esce circospetto dal suo diroccato rifugio. Il sole, ormai tramontato, cerca ancora di colpire coi suoi tiepidi raggi la pianura, ma non possono né scaldarla né fare breccia nella densa bruma.
Di nuovo quel fruscìo.
Poi quella che può solo definire come un’ombra di luce tra gli alberi: fugace come un animale selvatico che si nasconde al predatore. Ancora lo stesso rumore, ma troppo distante dal precedente per poter essere la stessa creatura: o forse è lui ad essere restato imbambolato per troppo tempo.
Poi un suono alle sue spalle. Da predatore a preda per colpa di un baluginio.
- Salve! – una voce, morbida come le onde del fiume a primavera.
Incontrandone la proprietaria [...] scopre per la prima volta quanto veramente può essere profondo il suo cuore. Una chioma di boccoli, scuri come la terra baciata dalla prima pioggia primaverile si gettano come cascate sopra due specchi d’acqua limpida: due occhi cristallini come non ne ha mai visti e lui, felice, si tuffa nel loro abisso.
[…]
Come aveva fatto a turbarlo così?
Prima di coricarsi aveva pensato di aver capito cosa fosse accaduto.
Infatuazione: aveva cercato di chiamarla razionalmente, credeva pure di averla già provata in vita sua. Quanto si sbagliava.
Solo ora, al risveglio, quando tutti i sogni notturni scompaiano, si accorge che il pensiero di Lei è sempre più saldo e sembra non lasciare spazio ad altro nella sua testa. Ecco cosa intendevano Catullo e Dante quando parlavano di “colei di cui ci si innamora”, adesso capisce e al tempo stesso non può che ripetersi che non è questo il momento, che non ha tempo, che ci sono cose più importanti da portare a termine.
Niente da fare.
Ogni sforzo, atto anche solo ad appannare quelle cinque lettere arroccate come un esercito pronto a dare battaglia nella sua mente, è vano.
Si arrende.
Lascia la sua anima alla contemplazione, quella ormai sembra non ubbidirgli più. Invece si concentra sulla sua essenza materiale: ordina al suo corpo di muoversi. Si dà da fare per sistemare al meglio il suo misero bagaglio, si appunta i pochi indizi avuti prima che Lei, unica padrona della sua mente, cancelli anche quelli. Pochi preziosi istanti di raziocinio prima di essere di nuovo pervaso da quel senso di dolce ubriacatura mentre la sua bocca si allunga in un sorriso beato.
[…]
Le palpebre si aprono timorose, teme che quanto è accaduto sia solo un suo ennesimo sogno.
No, non può e non deve esserlo.
Non ricorda esattamente cosa sia successo nelle ultime ore: non saprebbe nemmeno dire se siano in effetti passate ore, minuti o giorni. Non sa nemmeno descrivere quello che gli passa per la testa: sembra che essa sia vuota e piena al tempo stesso.
Ricorda vagamente dei passi svelti, tenendosi nascosti, per tornare al convento che, almeno apparentemente, sembra l’unico luogo adatto a garantire un minimo di protezione. La sera poi è sopraggiunta svelta.
Ha la gola secca.
Deve aver parlato molto, cosa che gli accade specialmente quando è nervoso.
Poi…
Poi si è ritrovato a stringere la mano di lei. O forse non l’aveva più lasciata da quel bacio sotto il rivellino?
È abbastanza sicuro si fossero lasciati per la notte, […]
Ma…
Lei era tornata.
Oppure l’aveva chiamata lui? Magari parlando nel sonno? Niente di più probabile. Fa un enorme sforzo a convincersi che ora è realmente sveglio e tutto vero quanto è accaduto. Tende i muscoli assopiti ed ecco il contatto.
Lei è ancora lì con lui.
Come un assetato che trovi un’oasi dopo giorni nel deserto, così la sua mente si tuffa nei ricordi della notte. Sono frammenti inestimabili e delicati come gocce di rugiada su una pietra arsa dal sole.
Braccia bianche che lo cingono.
Occhi languidi che lo scrutano.
Mani timorose che si rincorrono in luoghi inesplorati.
Labbra avvinte in promesse d’oblio.
Così è in effetti: oblio del mondo pazzo e malato intorno a loro, quanto pacifica e unica è quell’isola di paradiso che un uomo e una donna innamorati possono creare.
Non cerca di ricordare di più.
Non gli serve.
Sa che è dentro di lui e ne sente ancora il profumo inebriante come il mosto di un vino frizzante.
Lei non si è ancora mossa, ha sentito probabilmente che si è destato ma rimane ferma, distesa sul fianco si lascia ammirare in tutta la sua bellezza, senza addosso nessun fronzolo od orpello: senza che nemmeno il freddo la induca a coprirsi.
Un fremito più che un brivido ed ora lui si ritrova a fissare i suoi occhi meravigliosi, mentre la bocca di lei si schiude nell’ennesimo sorriso che fin dal primo istante aveva fatto capitolare la fiera torre nel suo petto.
- Sei come una tersa mattina d’autunno sulla pianura. – le dice lui, quasi mettendo in fila parole a caso.
- Che vorresti dire? – lo guarda lei con un broncio palesemente finto – Che sono fredda?
- Rosea… – balbetta l’ingenuo poeta che ha fatto capolino in lui indicando il cielo.
Lei allora si volta e guardando fuori dalla piccola finestrella, da cui avevamo salutato la luna, vede pallidi cirri, imporporati dal sole nascente, formare curve sinuose di un tenue cremisi e tutto il creato adagiato su un manto verde scintillante di brina. Ogni colore è al punto giusto, ogni sfumatura perfetta: se Bellezza fosse un paesaggio sarebbe quello.
Torna a guardalo e tutto il suo animo sussulta: ha di fronte in volto dell’Amore.
Eccolo.
L’attimo che ha sognato per una vita: quell’attimo che ogni uomo vorrebbe diventasse eterno per poi poter dire in punto di morte di non aver vissuto invano.
Non hanno bisogno di dirsi nulla. Si aiutano a rivestirsi, sfiorandosi e ridendo come in giochi bambineschi. Colgono ogni pretesto per una carezza o un bacio, quasi dicendo arrivederci al lembo di pelle che viene coperto dagli abiti. Sanno entrambi che dovranno tra poco mettersi di nuovo all’opera, ma quei pochi attimi sono tesori preziosi che li accompagneranno e daranno loro la forza di affrontare una dura giornata. Non più soli contro il mondo ma insieme contro tutti. A conti fatti non sembrerebbe un gran miglioramento ma, guardandosi negli occhi, capiscono che quella piccola differenza non è tanto: è tutto.
[…]


Qualcosa che probabilmente non vedrà mai la carta stampata…

Da voi o alte imperiture Stelle Immote
le giunse lo sfavillìo che, anche adesso,
risplende ad ogni sorriso sulle gote
e spero per sempre le sia concesso

Non essere in collera Cristallino,
nuovo cielo, paragonato vieni
a cosa più grande di te piccino:
i suoi vasti occhi di vita pieni.

Vago Empireo, cielo quieto tu,
è infatti la calma che mi pervade,
quando con lo sguardo scivolo giù
fino alle sue morbide isole rade.

Eccomi all'apice del Paradiso,
proprio da qui è cominciata ogni cosa,
come dalle labbra parte il sorriso;
celata da un’uggiosa selva la Rosa.

Oltre gli astri nominati ora io vedo
ed è lei il loro Eterno Motore;
la sola ed unica cosa in cui credo
è ciò che per lei provo: l'Amore.

Adesso finalmente so chi è lei:
è la donna con cui mi risveglierò
alla fine di questi sogni miei,
quando da ragazzo un uomo sarò.


Tutto quello che ho scritto, che scrivo e che continuerò a scrivere sarà sempre e comunque legato a lei, alla mia musa, a mia moglie, in una parola a Dany: Per aver capito e amato la “bestia” che è in me.



Quando il sole
non sarà che una palla di ghiaccio;
quando le stelle
non saranno che candele consumate;
quando la terra
non sarà che un muto asteroide;
quando l’umanità
non sarà che il ricordo di un fossile:
la certezza che ti amo
sarà ancora soltanto un tenero bocciolo.


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