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LUOGHI: Il Sasso


Volevo riprendere con un LUOGO tra il reale e il mitico il discorso più generico sulle acque intorno all'Adda. Il basso corso del “nostro” fiume è infatti caratterizzato da una miriade di risorgive, fontanili, fiumiciattoli sotterranei e laghetti alimentati da queste fonti sotterranee: senza contare i rami morti del fiume… Cominciamo quindi a parlare di uno di loro: IL SASSO.
 
La premessa è abbastanza scontata e riguarda la particolarissima configurazione del basso corso dell'Adda. 
Fin dai tempi antichi il lodigiano (che ovviamente ancora non si chiamava nemmeno così) era un territorio straordinariamente ricco d'acqua. Il suo problema era semmai la sovrabbondanza! Il LAGO GERUNDO fu un esempio di questa sovrabbondanza non gestita, la MUZZA al contrario un primo tentativo di gestione che avrebbe nei secoli fatto la fortuna di questa terra.
 
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LA POSIZIONE

 
Nonostante la bonifica del lago e una Muzza in piena attività, l'acqua nel basso corso del fiume era ancora notevolmente superiore all'utilizzo che ne era fatto e cercava in tutti i modi di fuoriuscire dagli argini naturali o artificiali che le erano imposti.
Bisogna anche precisare che l'Adda, tra Castiglione e Pizzighettone, cambiò alveo più volte nei secoli, lasciando dietro di sé una serie di MORTE alimentate dai resti del fiume. Nel tratto che passa nel territorio di Camairago (riva destra), ma in prossimità della zona "Gera" di Pizzighettone, si è venuta però a creare una situazione particolare: troviamo infatti una Adda-morta quasi completamente stagnante e che si mantiene in vita tramite dei corsi d’acqua sotto la sua superficie, mentre tra i due tratti fluviali, almeno apparentemente slegato da essi, nasce un laghetto.
Questo laghetto è appunto noto nella zona con il nome, abbastanza strano, di SASSO.
 

IL NOME

 
Il nome è già di per sé stesso parte integrante (forse anche l'unica parte) della leggenda, in quanto non è presente su nessuna carta geografica, ne su nessuna toponomastica da almeno 500 anni. Risulta solo un suo vago accenno come luogo perduto in alcuni libri di storia locale. 
Peccato però che la storia non vada di pari passo con la tradizione orale e questa, per nostra fortuna, a volte ci viene in aiuto a colmare le “lacune” della documentazione scritta.
A sentire i racconti dei vecchi che hanno abitato queste zone, il nostro cosiddetto laghetto sarebbe scomparso e riapparso più volte nel corso dei secoli e l'unica cosa che avrebbe lasciato a ricordo di sé, al suo centro o nelle immediate vicinanze, altro non era che una roccia, un masso o appunto, come la tradizione ne ha tramandato il nome, un SASSO: il “racconto” ruota proprio intorno a questo suo epiteto.
 

IL RACCONTO

 
Ad essere sinceri non si può parlare di un vero racconto, quanto piuttosto di una cantilena, un ritornello, quasi una nenia che i nonni intonavano per far addormentare i bambini e diceva più o meno così:
 
Su quel sasso c'era scritto…
C'era scritto su quel sasso…
Su quel sasso c'era scritto…
C'era scritto su quel sasso…
 
Niente altro.
Ora, stando ai vecchi che la narravano difficilmente un bambino resisteva al terzo o quarto giro di questa cantilena.
Il “problema” del narratore sorgeva però nel momento in cui il pargolo non cedeva alla stanchezza ma chiedeva lumi su cosa ci fosse effettivamente di scritto su quel sasso. Qui la tradizione orale perde qualunque sua possibile utilità perché, con il passare del tempo, nemmeno il narratore sapeva più con certezza cosa riportasse quella fantomatica scritta…
 
Io personalmente sono rimasto anni con questo dubbio, fino a che a furia di domande e fanciullesche investigazioni, ho messo insieme una sorta di possibile scenario per il nostro laghetto e la sua enigmatica incisione…
 
[…]
Davanti a lei si apre improvvisamente una radura che, circondata dal bosco, contorna uno stagno: una macchia che riflette il grigio del cielo sull'intenso verde dell'erba. A completare la scena idilliaca si erge, solitario, un salice piangente che, vanitoso, si protende cercando di specchiarsi nell'acqua. Così un nuovo pensiero l'assale: in primavera questo dovrebbe essere un posto magnifico, circondato da iris selvatici, come dimostrano le foglie spoglie di quegli stessi fiori tutt'intorno; dalla realtà al sogno ad occhi aperti il passo è davvero breve.
La sua guida in questa piccola porzione di paradiso intanto si è nuovamente incupita, come se ad ogni passo qualcosa nei suoi ricordi tornasse a non dargli tregua. Pare essere diretto verso una strana roccia molto levigata posta al riparo delle fronde del salice e che sembra, salvo le grandi dimensioni, in tutto e per tutto uno dei tanti sassi levigati dal fiume.
Appena sedutasi lì vicino, le balzano agli occhi alcune incisioni; riconosce subito delle lettere, due molto grandi e altre che si susseguono a formare quella che sa essere una frase, ma che la sua scarsa istruzione non le permette di decifrare.
Senza pensarci troppo rompe il silenzio.
-        Cosa c'è scritto?
L'uomo improvvisamente si blocca dandole le spalle. Passano alcuni minuti senza che dica qualcosa in risposta. Poi senza voltarsi:
-        Le due lettere più grandi sono una B e una F, sotto c'è scritto “qui due anime si sono trovate e hanno iniziato a vivere”.
[…]
Finalmente Filippo del Valentino trova nella sua memoria un ricordo, degno di essere definito tale. Era l'anniversario del suo ritrovamento; come ogni anno si era recato nel bosco fino ad un punto particolare, lo chiamava “il sasso”: non era che una roccia levigata posta sotto le fronde di un salice e vicino ad uno stagno, creato dalle acque risorgive del vicino fiume. Era un luogo molto appartato, sapeva che era conosciuto da altri, ma gli piaceva definirlo suo; l'unico posto in cui lasciava la corazza di fermezza per ritrovare la pace con il suo io più profondo, tutt'altro che bellicoso. Come spesso accade, fu proprio in quel momento di vulnerabilità che venne colpito al cuore da quello sguardo tanto cercato e mai, in fondo, sperato di trovare. Una creatura silvestre sbucata dal nulla; una ragazza, coi capelli che avevano rubato il colore ai riflessi dorati del sole tra le fronde degli alberi e due occhi così profondi da poterci scorgere l'infinito: era lì, ferma davanti a lui, ad osservarlo. Non furono solo questi particolari a farlo capitolare, ma anche la sua voce: le sue risate e alcune sue espressioni che fecero capolino durante quel primo dialogo. Non ricordava praticamente niente di quello che si erano detti in quel primo incontro; la sua memoria era totalmente impegnata a cogliere e trattenere ogni minimo particolare di lei, solo il suo nome gli era rimasto marchiato a fuoco nel cuore e nella testa: Berenice.
[…]
Per il resto beh… vi rimando a CASTRUM😉
 
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FONTI
  • Dizionario storico geografico del lodigiano / Giovanni Agnelli. - Rist. anast. - Lodi : Lodigraf, stampa 1990. - VIII, 328 p. ; 31 cm - Facs. dell'ed.: Lodi : Tip. editrice Della Pace, 1886
  • Atlante storico-geografico dei comuni del Lodigiano : il territorio, le istituzioni e la popolazione dal Ducato di Milano alla Provincia di Lodi / di Angelo Stroppa ; introduzione di Ferruccio Pallavera ; ricerca iconografica di Pasqualino Borella. - [Lodi] : Consorzio del Lodigiano, stampa 1994. - 127 p. : ill. ; 33 cm - Ed. fuori commercio


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