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PERSONAGGI: L'Innominato

 


Personaggio reale? Personaggio inventato? Direi, a conti fatti, un magnifico esempio (opinione personalissima) di come un personaggio, probabilmente realmente esistito, possa assurgere a ICONA LETTERARIA grazie ad un autore e al particolare uso che ne fa, “rinominandolo” per “esigenze di copione” in un suo romanzo storico. Parliamo dell'INNOMINATO


Premessa (eh già): cosa c'entra l'Innominato con i fini e i motivi di questo blog? 
A parte il fatto di essere (per me, ma non solo) uno dei personaggi appunto più iconici di tutta la letteratura nonostante occupi solo un paio di capitoli di un'opera immensa?
Giusto non basta. 
Allora mettiamoci anche il fatto che la rocca dell'Innominato, vera tangibile e descritta dal Manzoni nel capitolo XX dei “Promessi Sposi” sia a tutti gli effetti la prima rocca a vigilare sul corso dell'ADDA non appena il nostro fiume, uscito a Lecco dal Lario e superato il vicinissimo Lago di Garlate, comincia il suo corso meridionale fino a sfociare nel PO. 
Ecco che siamo quindi in mio pieno TERRITORIO!

Ma come trattare un personaggio che è a metà tra l’immaginario e il reale, non sapendo quanto Manzoni abbia inventato e quanto invece sia realmente derivato da fonti dell’epoca? 
Beh cominciando dalle certezze storiche direi e dalla nostra:


CARTA IDENTITÀ

Nome:
INNOMINATO
Cognome:
(vedremo più avanti)
Data di Nascita:
SCONOSCIUTA, indicativamente intorno al 1580 (avendo circa 50 anni all'epoca dei “Promessi Sposi”, ambientato tra il 1628 e il 1630)
Luogo di Nascita:
SCONOSCIUTO, probabilmente Milano o il Lecchese dove appunto ha i suoi possedimenti.
Data di Morte:
SCONOSCIUTA, qualche anno dopo la fine del romanzo (potremmo ipotizzare tra il 1640 e il 1650)
Ultimo domicilio conosciuto:
CASTELLO DI SOMASCA a VERCURAGO (Lecco)
Stato civile al momento della morte:
SPOSATO (pare con una nobildonna straniera che aveva rapito, portato nel suo castello e presa per moglie contro la sua volontà)



IL PERSONAGGIO

Dunque chi era l’Innominato?
Cominciamo da come ce lo descrive il Manzoni…

Di costui non possiamo dare né il cognome, né il nome, né un titolo, neanche una congettura sopra niente di tutto ciò [...] per tutto un grande studio a scansarne il nome, quasi avesse dovuto bruciar la penna, la mano dello scrittore [...] colui che noi, grazie a quella benedetta, per non dir altro, circospezione de' nostri autori, saremo costretti a chiamare l'innominato.
Da “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni

E come ne parla il Ripamonti, fonte principale cui il Manzoni attribuisce i suoi principali spunti…

Narrerò il caso di uno, che non ultimo fra i magnati della città, preferì a questa la campagna, e colla gravezza de' misfatti bravava giudici e giudizi e leggi e maestrati. Posta sua dimora al lembo della provincia milanese, traeva una vita sciolta e di sua testa, raccettatore di fuorusciti, fuoruscito alcun tempo egli stesso, finché tornato, avvanzossi a tanto, che menandosi a marito la sposa di un principe straniero, la rapì, se la tenne e la fe' sua con nozze illegali. Era sua casa come un'officina di crudeli mandati: per servidori gente tutta di sangue e di corrucci: nè il cuoco nè il guattero poteano star senza delitti: fin i ragazzi aveano le mani contaminate di strage. E poiché di là gli era facile il tragitto a Bergamaschi e Bresciani, la costui famiglia era contumace contro gli editti e la maestà dell'impero. Avendo una volta quel signore a mutare di paese per certi perché, tanto modesto, occulto e pauroso lo fece, che fendè diritto tutta la città con cani e cavalli a suon di trombette, passando proprio innanzi al palazzo reale, anzi alle porte lasciando un'imbasciata di villanie pel governatore. Correa fama che avesse rotto ogni freno anche della Chiesa e de suoi misteri, e che mai non si fosse confessato. 
Memorie di Giuseppe Ripamonti tradotte da Cesare Cantù

In poche righe di uno e dell’altro abbiamo subito in testa l'immagine di un VILLAIN (come si ama usare oggi) con tutte le carte in regola per fare sfaceli dei protagonisti o di chiunque voglia mettergli i bastoni tra le ruote.


LA SUA DIMORA

Come ogni professore di letteratura potrà dirvi, la figura dell’Innominato è praticamente inscindibile da quella del luogo dove vive: IL CASTELLO DI SOMASCA a VERCURAGO.
Curioso è anche che, con un costrutto simile quasi all'archetipo del fantasy, la sua stessa dimora e l’ambiente circostante cambia volto a seconda dell’animo del suo signore e padrone.
Mi limito a riportare il primo incontro con il suo castello nel capitolo XX dei Promessi Sposi, proprio perché aiuta a dare un’idea sempre del nostro personaggio e soprattutto perché, in vista delle ipotesi circa la sua reale identità, descrive in maniera fedele come effettivamente appariva questa fortezza a guardia dell’Adda tra il ‘500 e il ‘600…

Il castello dell'Innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d'un poggio che sporge in fuori da un’aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti. Quella che guarda la valle è la sola praticabile; un pendìo piuttosto erto, ma uguale e continuato; a prati in alto; nelle falde a campi, sparsi qua e là di casucce. Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o torrentaccio, secondo la stagione: allora serviva di confine ai due stati. I gioghi opposti, che formano, per dir così, l'altra parete della valle, hanno anch'essi un po’ di falda coltivata; il resto è schegge e macigni, erte ripide, senza strada e nude, meno qualche cespuglio ne’ fessi e sui ciglioni. Dall'alto del castellaccio, come l'aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all'intorno tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto. 
Da Capitolo XX de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni


LA REALE IDENTITÀ

A piccoli passi ci siamo avvicinati al motivo per cui non ho inserito questo trafiletto nella sezione PERSONAGGI e non in quella LEGGENDE.
La critica attuale infatti pare aver identificato il vero nome dell'Innominato, abilmente nascosto dal Manzoni forse addirittura per ragioni di amicizia/parentela con gli effettivi discendenti di questo losco figuro.
Ebbene l'Innominato sarebbe…

FRANCESCO BERNARDINO VISCONTI
volto di Francesco Bernardino Visconti 
all'età di circa 50 anni

Nato nel 1579, morto nel 1647 e nipote del Signore di Milano BERNABÒ VISCONTI
La vita di Bernardino in effetti si sposa quasi alla perfezione con il “tipo” che poi intorno ai 50 anni sarebbe appunto diventato tanto temuto da non poter essere nominato.
Alla morte del padre, Giovanni Battista Visconti, la madre Paola Benzoni decide di risposarsi con Cottino Cotta; Bernardino però non è d’accordo, anzi detesta il futuro patrigno e così rapisce (con l'aiuto del fratello Galeazzo) la madre proprio il giorno delle nozze (questo matrimonio non s'ha da fare…): il processo per i due si risolve alla fine in una tirata d’orecchi, Galeazzo ha 14 anni mentre Bernardino (che ha ideato il piano) ne ha solo 11 (niente male).
A 14 anni Bernardino viene bandito da Crema (dove abitava con la madre) perché una notte aveva fatto irruzione, a capo di un gruppo di 26 bravi, nella dimora di un facoltoso uomo della città.
Nel 1596 (17 anni) eredita la sua parte di patrimonio famigliare e crea la sua prima effettiva banda di bravi commettendo, tra le altre cose, due omicidi. Le vittime in questione furono uccise proprio nello spiazzo consacrato davanti a due chiese e questo gli valse il soprannome di CONTE DEL SAGRATO
Questo è un primo indizio sulla corrispondenza tra lui e l'Innominato, infatti lo stesso personaggio nella prima stesura dei Promessi Sposi, il “FERMO e LUCIA”, è effettivamente chiamato “IL CONTE DEL SAGRATO” proprio per degli omicidi commessi in gioventù.
È il 1603, all'età di 24 anni, quando viene costretto a riparare in Svizzera perché raggiunto da una grida (un mandato di cattura) da parte delle autorità milanesi per i crimini commessi. Non starà via a lungo, rientrerà nel Ducato qualche mese dopo stabilendosi proprio nel suo Castello a VERCURAGO, la cui posizione gli permetteva, semmai ne avesse avuto bisogno, di spostarsi velocemente anche a piedi dal Ducato alla confinante Repubblica di Venezia senza poter essere intercettato.
Da qui quindi, per anni, il nostro Bernardino può “dominare” quasi indisturbato: i governatori spagnoli stessi non avevano interesse a muovergli contro, sia per l'imprendibilità del castello, sia per le scarse possibilità di successo nella cattura, ma soprattutto perché il Visconti era molto attento a non pestare i piedi alle autorità permettendosi tutto senza rendere quindi conto a nessuno.
Non si sposerà mai, anche se fu in procinto di farlo con una nobildonna spagnola, ma proprio il suo stile di vita dissoluto e sempre immerso in lotte ed intrighi lo allontana dalla sua promessa sposa.
In questo caso abbiamo una divergenza con la vita amorosa dell'Innominato tracciata dal Ripamonti e a cui fa riferimento il Manzoni: l'Innominato infatti, come visto sopra, avrebbe preso in moglie, seppur con la forza, una nobildonna straniera (questo quadra). A conti fatti però questo potrebbe essere un artificio del Manzoni per rendere ancora più efferato l'Innominato.
Veniamo quindi così agli ultimi anni di vita… 
Per questi però vi rimando al prossimo paragrafo di questo mio piccolo trafiletto anticipandovi che la storia di Bernardino e quella dell’Innominato nell'ultimo periodo corrispondono alla perfezione!

Prima di lasciarvi alla fine del nostro personaggio vorrei riportarvi un'altra prova riguardo la coincidenza di identità.
Uno dei primi commentatori del Manzoni, nonché suo contemporaneo, fu Cesare Cantù (traduttore tra l’altro del Ripamonti) e proprio in risposta alle sue insistenti domande circa l’identità dell’Innominato il Manzoni rispose con questo bigliettino…
L'Innominato è certamente Bernardino Visconti. […] La duchessa Visconti si lamenta che le ho messo in casa un gran birbante.
Anche il riferimento stesso alla duchessa è interessante, infatti la nonna paterna di Alessandro Manzoni, Giulia Beccaria, era parente della duchessa Visconti, erede proprio del ramo derivato da quel Galeazzo, fratello di Bernardino e come lui bandito; anzi alcuni commentatori, proprio questo fatto, fa propendere l’identità dell’Innominato proprio con Galeazzo Visconti, che effettivamente si sposò (particolare che non collima invece con Bernardino) ma poi Galeazzo non seguirà, o almeno non completamente, la catarsi del fratello che, come stiamo per vedere, si specchia chiaramente con quella descritta per l'Innominato.


LA FINE DELL’INNOMINATO (storica e romanzata)

A questo punto abbiamo l'identificazione “reale” dell'Innominato e possiamo quindi concludere il “racconto” con la fine della sua vicenda in cui realtà e fiction coincidono quasi a meraviglia.
Come ogni buon antagonista, per quanto potente e malvagio, finirà sconfitto (beh più o meno in questo caso particolare) dall'eroe della vicenda: ma il vero eroe dei Promessi Sposi è la PROVVIDENZA e quindi l'Innominato non andrà di fronte ad una morte per contrappasso, al pari della sua efferatezza (iniziale almeno), ma vivrà una profonda conversione senza però perdere né in rispetto né in forza di volontà.
Francesco Bernardino Visconti farà lo stesso e proprio in seguito al medesimo incontro.

Confesso che ai tempi del liceo ero stato molto deluso dalla sua conversione anche se, con il senno di poi e provandomi a mettere nei panni dello scrittore, posso capire il Manzoni. Ha creato un personaggio potenzialmente malvagio fino al midollo che, senza la minima fatica, fa rapire da un convento la protagonista femminile per portarla nel suo castello “gotico” degno di un redivivo Vlad Tepes. 
Chi può fermarlo? 
Lo stesso antagonista principale del romanzo lo teme e ne ha paura… 
Il protagonista maschile, il povero Renzo, cosa potrebbe fare contro un tale personaggio…
Solo un intervento divino, la PROVVIDENZA personificata nel Cardinale Federico Borromeo, nipote di San Carlo Borromeo che qualche anno prima sconfisse la PESTE (affrontata appunto anche dallo stesso Federico). Nel momento in cui subentra l’intervento divino la morte quindi non può essere la soluzione; lo sarà invece per Don Rodrigo è vero, ma con tutte le attenuanti del caso (perdono e voti vari), ma anche per questo (onore al Manzoni): alla fine comunque Don Rodrigo sarà solo “il cattivo”, mentre l'Innominato diverrà appunto ICONA.


PICCOLA NOTA PERSONALE

Come facilmente comprensibile da quanto ho scritto finora, l'Innominato è un personaggio che ho adorato (da ragazzo per un motivo seppur con delusione e da adulto invece a tuttotondo) e non poteva che intrufolarsi, in qualche modo, in quello che mi sono trovato a scrivere.
Con il senno di poi infatti (me ne sono reso conto solo a prima stesura ultimata) il processo di ricerca del VILLAIN per il mio MALLEUS sia stata tanto simile a quella del Manzoni: lui cercava il suo personaggio nelle cronache del tempo redatte dal Ripamonti, come io cercavo tra i libri qualche personaggio dal passato burrascoso. Alla fine poi il mio SIMEONE RIGONI è nato con tantissimi punti in comune con l’Innominato: è un bandito senza scrupoli, si arrocca in un castello imprendibile vicino al lago di Como (stavolta BAIEDO) e da lì vuole governare senza interferenze esterne i suoi domini, pensando che tutto gli sia concesso; la fine sarà ben diversa, forse per inchinarsi ai miei desideri giovanili… 
Personalmente, non ho potuto fare a meno di notare come, a distanza di anni dalla mia ultima lettura dei Promessi Sposi, il personaggio dell'Innominato mi abbia tanto colpito da indurmi quasi a riproporlo in una nuova chiave che non posso definire citazione quanto piuttosto rispettoso OMAGGIO.

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FONTI
  • Cesare Cantù, Ragionamenti sulla Storia Lombarda del secolo XVII per commento ai Promessi Sposi del Manzoni, in Indicatore, vol. 11, 1832
  • Cesare Donini, Sull'Innominato, Treviglio, Bonomi, 1937
  • Alessandro Manzoni, I Promessi sposi, a cura di Enrico Ghidetti, 2ª ed., Milano, Feltrinelli, 2005
  • Alessandro Manzoni, Fermo e Lucia, a cura di Silvano Salvatore Nigro ed Ermanno Paccagnini, 2ª ed., Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2009
  • Salvatore Guglielmino e Hermann Grosser, Storia letteraria dal secondo Cinquecento al primo Ottocento, in Il sistema letterario 2000, Milano

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